Teplizumab, una pietra miliare nella prevenzione del diabete tipo 1

Introduzione

Sono passati 100 anni dal primo utilizzo clinico dell’insulina, che rimane l’unica terapia nel diabete tipo 1, anche se non modifica il processo autoimmune alla base della distruzione delle cellule beta pancreatiche. Ancora non esistono cure per il diabete tipo 1 ma in questi mesi si è affacciato un trattamento in grado di ritardare la progressione della malattia da stadio 2 a stadio 3.

Teplizumab per il diabete tipo 1 in stadio 2

Si tratta di teplizumab, un anticorpo monoclonale anti-CD3 umanizzato, approvato negli Stati Uniti per soggetti di età non inferiore a 8 anni con diagnosi di diabete tipo 1 in stadio 2. Ricordiamo che lo stadio 2 è caratterizzato dalla presenza di 2 o più autoanticorpi e da disglicemia (glicemia a digiuno 100-125 mg/dL; glicemia a 2 ore dal carico orale di glucosio 140-199 mg/dL; HbA1c 5.7-6.4%).

La disponibilità di teplizumab rappresenta un cambio di paradigma nel trattamento del diabete tipo 1; con una migliore comprensione della patogenesi e della progressione della malattia, il diabete tipo 1 può essere identificato e trattato nelle sue fasi precliniche, prima dello sviluppo dell’iperglicemia sintomatica.

Attesa in Europa e in Italia per l’approvazione

In Europa e in Italia si aspetta il via libera di EMA e di AIFA per avere l’autorizzazione a somministrare teplizumab. “Si potrà così offrire un vantaggio importante in termini di mesi e anni liberi dalla malattia – spiega la prof.ssa Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – con la possibilità di pianificare e organizzare la propria vita e, perché no, prendere tempo rispetto a trattamenti che potrebbero curarla”.

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