L’importanza della CRONOTERAPIA: ogni farmaco all’ora esatta!

Il nostro organismo è regolato da orologi biologici, che coordinano certe attività a livello di cellule o di apparati. Da questo dato incontrovertibile nasce la cronoterapia, con il quale si vuole arrivare anche a capire l’orario migliore per l’assunzione di alcuni farmaci, in modo che abbiano sempre maggiore efficacia. E’ di questi giorni la pubblicazione sulla rivista Diabetologia dei risultati di uno studio condotto in Spagna per diversi anni su più di 2000 soggetti, che ha messo in evidenza come la somministrazione di alcune classi di farmaci antipertensivi – fatta alla sera prima di coricarsi – ha numerosi vantaggi rispetto alla somministrazione abituale alla mattina al risveglio. Le classi di farmaci che hanno mostrato questi dati indubbiamente favorevoli sono gli ACE-inibitori, i sartanici, e i beta-bloccanti (soprattutto nebivololo). Alcuni dei vantaggi osservati, come il miglior controllo pressorio sia in fase diurna sia in fase notturna, erano già noti e sono stati confermati dalla ricerca mentre un altro dato

– a favore della somministrazione di questi farmaci alla sera – è venuto dal riscontro di una riduzione del 50% del rischio di sviluppare diabete. Ecco quindi un’ulteriore conferma dell’importanza della cronoterapia, che in questo caso ha le sue radici nel fatto che il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), su cui agiscono le classi di farmaci sopramenzionate, è molto attivo durante la fase notturna. Quindi, semplificando, l’inibizione questo sistema RAAS deve essere maggiore durante le ore di sonno, con la conseguenza di un maggior risultato sui valori pressori. Ma cosa c’entra il diabete ? Sappiamo che l’ipertensione spesso va a braccetto con la resistenza all’insulina, che è all’origine del diabete tipo 2. In più, l’attivazione del sistema RAAS ha effetti negativi sul controllo glicemico, aumentando la resistenza all’insulina e favorendo la comparsa di iperglicemia.

Per saperne di più: Hermida R.C. e coll. Diabetologia 2016; 59: 255-265. DOI 10.1007/s00125-015-3749-7

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