Il retrogusto amaro dello zucchero

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Morgan Stanley è una banca d’affari con sede a New York e svolge un ruolo chiave nel mondo della finanza internazionale, riconosciuta da tutti come un’autorità nelle analisi finanziarie. Recentemente ha pubblicato i risultati di uno studio (i dettagli nel sito morganstanley.com), che segnala come nei Paesi dell’area OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si assisterà a un calo medio della produttività pari al 18% nei prossimi vent’anni per effetto dei costi diretti e indiretti dell’epidemia di diabete e obesità. Sono impressionanti le proiezioni per alcuni Paesi fortemente a rischio per i dati sulla crescita dei casi di diabete e obesità, come Cile, Repubblica Ceca, Messico, USA, Australia e Nuova Zelanda; uno per tutti il Cile, dove si stima che la produttività

potrebbe calare oltre il 30% nel 2035, se lo scenario rispetto ai dati su diabete e obesità attuali non dovesse migliorare.
Ma da dove si deve incominciare per invertire il senso di marcia? Ce lo dice questa considerazione: il consumo di zuccheri è aumentato di cinque volte nell’ultimo secolo (da 5 kg circa pro capite a 24 kg pro capite all’anno). Cosa ha favorito questa tendenza ? Negli ultimi cinquant’anni alcuni fattori come l’aumento del reddito individuale, l’urbanizzazione e il consumo di cibi confezionati. Da qui la necessità di modificare le nostre scelte, fin dalla tenera età.
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