CGM: quali indici valorizzare nel diabete tipo 2?

Negli ultimi anni è diventata sempre più evidente l’importanza della tecnologia nella cura del diabete, in particolar modo del monitoraggio continuo del glucosio (CGM, continuos glucose monitoring). Dal profilo del glucosio nelle 24 ore si riescono a ricavare diversi indici, primo tra tutti il TIR (time in range), che si riferisce al tempo trascorso entro i limiti desiderati (in genere 70-180 mg/dL; 3.9-10 mmol/L, anche se l’obbiettivo va sempre personalizzato). Il ruolo e i vantaggi di TIR nelle persone con diabete tipo 2 non sono ancora definiti In queste settimane Diabetes Care ha pubblicato i risultati di uno studio condotto su 6225 persone con diabete tipo 2, seguiti presso il Diabetes Institute di Shangai, e sottoposti a CGM per 72 ore. I risultati del CGM, in particolare il TIR, insieme ad altri dati (come HbA1c e profilo lipidico), sono stati valutati insieme ai dati di mortalità e alle sue cause con un follow-up mediano di circa 7 anni. Nella popolazione studiata i soggetti con le più basse percentuali di tempo in range (TIR inferiori o uguali al 50%) avevano un rischio più elevato di mortalità, anche per malattie cardiovascolari. Pur considerando diversi limiti di questo studio, il risultato osservato stimola ulteriori ricerche per capire il ruolo di CGM nel diabete tipo 2, in particolare quali indici dal monitoraggio possano essere associati al valore di HbA1c per monitorare il risultato delle terapie e migliorare la prognosi.

Lu J. e coll. Diabetes Care 2021; 444:549-555. https://doi.org/10.2337/dc20-1862

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