Diabete autoimmune associato agli inibitori dei checkpoint immunitari

INTRODUZIONE

Nell’ultimo numero di Diabetes Care si sono accesi i riflettori su una forma di diabete autoimmune associata agli inibitori dei checkpoint immunitari (Checkpoint Inhibitor–Associated Autoimmune Diabetes Mellitus, CIADM). Ricercatori australiani, capitanati da Linda Wu, hanno raccolto i casi di CIADM finora pubblicati e ne hanno esaminato le caratteristiche, per avere degli elementi utili alla diagnosi e al confronto con il diabete tipo 1 (Type 1 Diabetes, T1D) https://doi.org/10.2337/dc22-2202.

LA TERAPIA CON GLI INIBITORI DEI CHECKPOINT IMMUNITARI

L’immunoterapia rappresenta una delle strategie più innovative e promettenti per la lotta contro i tumori. La somministrazione degli inibitori dei checkpoint immunitari ha migliorato significativamente la sopravvivenza in alcuni tipi di neoplasie in fase avanzata, come il melanoma, il tumore del polmone, e il tumore del rene.

Cosa sono i checkpoint immunitari? Si tratta di veri e propri regolatori di processi chiave del sistema immunitario. Queste molecole – presenti sui linfociti T citotossici – sono in definitiva responsabili della tolleranza immunologica, processo indispensabile per prevenire la distruzione di cellule proprie da parte del sistema immunitario. Gli inibitori dei checkpoint immunitari (ICPI) sono anticorpi monoclonali che, togliendo il freno all’attivazione dei linfociti T, aumentano l’immunità antitumorale dell’ospite. A causa del loro meccanismo d’azione, gli ICPI possono favorire l’insorgenza di eventi avversi riconducibili ai fenomeni di immunoreattività, tra cui il CIADM.

DA DIABETES CARE IL CONFRONTO TRA CIADM E T1D

Linda Wu e i suoi collaboratori hanno studiato i dati clinici e di laboratorio di 192 soggetti con diagnosi di CIADM https://doi.org/10.2337/dc22-2202. L’età media era 63.4 anni. Di 91 soggetti testati, il 59.3% era portatore dei principali determinanti genetici di suscettibilità al T1D. Il tempo mediano di esordio del CIADM era 12 settimane. La chetoacidosi all’esordio si verificava nel 69.7% e il C-peptide era basso (< 0.4 nmol/L; < 0.12 ng/mL) già all’esordio nel 91.6%. Gli autoanticorpi del T1D erano presenti nel 40.4%. La presenza degli autoanticorpi si associava significativamente alla chetoacidosi e all’esordio precoce di CIADM.

Se confrontati con le caratteristiche dei soggetti con T1D, le differenze sono principalmente: 1. Il fattore scatenante, che nel caso del CIADM è chiaramente la terapia con gli ICPI; 2. L’elevata percentuale di casi di chetoacidosi all’esordio nei soggetti con CIADM, rispetto a quelli con T1D; 3. La predisposizione genetica e la presenza di autoanticorpi più rappresentate nel T1D. Inoltre, mentre nel T1D i livelli di C peptide < 0.2 nmol/L segnalano un chiaro deficit di insulina, nel CIADM si attestano su valori < 0.4 nmol/L.

CONCLUSIONI

Questa ricerca rappresenta un altro passo avanti nella comprensione del CIADM. Arrivare a capire i meccanismi patogenetici alla base di questa forma di diabete potrebbe aiutare non solo a prevenire questo possibile effetto collaterale della terapia con ICPI, ma anche a comprendere la patogenesi del T1D spontaneo, attraverso lo studio dei meccanismi di tolleranza immunitaria.

Da: Linda Wu e coll. Risk Factors and Characteristics of Checkpoint Inhibitor–Associated Autoimmune Diabetes Mellitus (CIADM): A Systematic Review and Delineation From Type 1 Diabetes. Diabetes Care 1 June 2023; 46 (6): 1292–1299. https://doi.org/10.2337/dc22-2202

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